WEST
WEST(Paris)(Roma)(Amsterdam)(Athina)(Wien)(Berlin)(Bruxelles)(London)(Beijing)(Praha)(Tokyo)(New York)
progetto, realizzazione Kinkaleri / Matteo Bambi, Luca Camilletti, Massimo Conti, Marco Mazzoni, Gina Monaco, Cristina Rizzo | produzione Kinkaleri – 2002-2008 | in collaborazione con Xing | (Paris) co-produzione Batofar, Xing – 2002 | (Roma) co-produzione Festival Enzimi – 2003 | (Amsterdam) co-produzione Centro per l’Arte contemporanea Luigi Pecci – 2003 | (Athina) co-produzione Video Dance – Thessaloniki International Film Festival – 2004 | (Wien) co-produzione Tanzquartier Wien – 2004 | (Berlin) co-produzione HAU Hebbel am Ufer, Ente Teatrale Italiano – 2005 | (Bruxelles) co-produzione Kaaitheater – 2005 | (London) co-produzione RED Festival – 2006 | (Beijing) co-produzione Istituto Italiano di Cultura di Pechino – 2006 | (Praha) co-produzione Festival 4+4 Days in Motion 07 – 2007 | (Tokyo) co-produzione Danza Urbana, 4th Skin Arts Project, Istituto Italiano di Cultura di Tokyo – 2007 | (New York) co-produzione OAC Osservatorio per le Arti Contemporanee – Ente Cassa di Risparmio di Firenze – 2008
WEST è un progetto video composto da 12 tappe distinte, in cui le città di Amsterdam, Atene, Berlino, Bruxelles, Londra, New York, Parigi, Pechino, Praga, Roma, Tokyo e Vienna, fanno da sfondo al susseguirsi di anonimi passanti ai quali è chiesto di cadere “come corpo morto cade”, mentre la vita cittadina continua nel suo fluire.
Iniziato nel 2001 a Parigi come studio #7 dello spettacolo <OTTO>, WEST è diventato un progetto autonomo al quale si sono aggiunte altre capitali del mondo occidentale, nell’accezione culturale e non geografica del termine. I diversi luoghi delle città – a volte ben riconoscibili, altre volte completamente anonimi o indistinti – sono messi di fronte a corpi che cadono; una persona ferma in piedi per un preciso numero di secondi guarda fisso nell’obbiettivo prima di lasciarsi cadere al suolo. La stessa azione ripetuta da una moltitudine e privata di qualsiasi intento rappresentativo, amplifica la circolarità del tempo dilatandola all’infinito. La struttura di WEST è precisa come una formula matematica: inquadratura fissa, tempo di posa e sguardo in macchina, poi la caduta.
Filmato volutamente come una messa in scena dove l’azione del cadere viene svelata attraverso la presenza della videocamera e dello staff che la riprende, il lavoro si sviluppa nella relazione di tre elementi: paesaggio, “morto”, comparse. È così che WEST oltre a fotografare “l’Occidente” che l’accoglie, innesca una riflessione più ampia sulla percezione. Il corpo, nel suo passaggio da verticale a orizzontale, nella sua immobilità finale, diviene misura di una evidenza paesaggistica, immutata e distante che nel suo restare se stessa si apre a una serie di domande su cosa si possa ancora vedere.
WEST prevede varie modalità installative a seconda degli spazi che lo contengono: dalla proiezione unica, in forma di trittico, a dodici singoli video, proiettati o su monitor.
West, corpi che si accasciano
di Andrea Lissoni su Rolling Stones Italia – marzo 2004
Non danza nessuno. Anzi, le persone crollano a terra. E attualmente la migliore compagnia di danza di ricerca in Italia, anche se di fatto, è una bizzarra band, senza solisti: sono i Kinkaleri, e quelle che cadono a terra nelle capitali d’Europa (nella performance West, al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, dal 6 marzo al 18 aprile) sono persone qualsiasi, passanti. Corpi folgorati senza motivo da non si sa che cosa, clinicamente scrutati da una telecamera frontale. È questo l’Occidente oggi. Chiunque, a caso, non si sa perché, crolla improvvisamente. West nasce come un’estensione dallo spettacolo Otto, un piccolo capolavoro della danza — chiamiamola così anche se non solo di quello sì tratta — di inizio millennio. È una testimonianza, uno sguardo sull’Europa. Suona tragico, apocalittico, un filo malinconico, senz’altro politico. Suona impetuoso semplice, leggermente distorto, come da un vocoder. Happy songs for happy people. Suona un pò così, energicamente fallimentare, e splendente, come l’ultimo Mogwai.
L’occidente e il congedo dalla vita
di Anna Abate su I Viaggi di Repubblica – 1 aprile 2004
“West” è un lavoro in evoluzione in parte già realizzato in tre città europee (l’Occidente che dà il titolo al progetto), usate come luoghi simbolici che fanno da cornice a rappresentazioni dell’atto del morire. La compagnia di teatro-danza Kinkaleri si è spostata nelle città prescelte (Parigi, Roma e Amsterdam) filmando le “morti” con la telecamera. Le immagini di ciascuna città, montate e proiettate ognuna su un singolo schermo, costituiscono l’installazione appositamente pensata per la Project Room del Centro d’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato. Il progetto “West” è stato realizzato sulla base di un’idea semplice e, allo stesso tempo, originale. Gli artisti di Kinkaleri, andando in giro per le metropoli europee, hanno fermato uno sconosciuto, interrompendo un suo percorso, un suo itinerario, una sua occupazione, e gli hanno chiesto di guardare fisso nell’obiettivo della telecamera per quindici secondi; allo scadere del tempo stabilito, l’improvvisato attore/attrice doveva cadere a terra, con la propria consapevolezza di farlo, con l’intenzione di lasciare un vuoto, un corpo sul selciato: senza un particolare comportamento, senza interpretazione, senza melodramma, mentre tutto il resto intorno continua a esistere.
WEST
di Pietro Gaglianò su Exibart – aprile 2004
[…] Le morti di West, neutre, ripetibili, dichiaratamente insincere e messe in scena grazie a un casting casuale e del tutto democratico, annotano come estrema possibilità l’autonomia di scegliere dove portare lo sguardo. La morte-caduta è un pretesto ma è leggibile anche come un simbolo dell’inevitabile compimento dell’operazione artistica: la messa a punto di un sistema che programma la propria sterilizzazione non appena incontra i confini del territorio della ricerca. I Kinkaleri continuano ad esplorare e si concedono, oltre questi confini, un’altra possibilità.
WEST
di Saretto Cincinelli su Flash Art – luglio 2004
Da qualche tempo sulla scena nazionale e internazionale, ricerche di teatro e danza tendono a confondere il proprio percorso con quello delle “arti visive”. Non si tratta di una novità né, soprattutto, di un movimento a senso unico: parallelamente, infatti, esperienze artistiche orientate al rinnovamento della performance o della scultura muovono in direzione opposta. In questo territorio di frontiera segnato, non dal miraggio di una fusione delle arti, ma dalla volontà delle singole discipline di scartarsi dal proprio specifico, opera Kinkaleri (Premio Ubu 2002). Il gruppo propone, in questa occasione, una videoinstallazione per tre schermi che mostra un susseguirsi frontale di cadute che sono avvenute o che potranno avvenire in diverse metropoli occidentali, a opera di comuni passanti. Uno schermo unico posto fuori dalla project room del museo Pecci di Prato trasmette invece il segnale di una videocamera che inquadra un set predisposto all’esterno del museo, in cui i visitatori possono cimentarsi in un mancamento in diretta. Mentre l’orizzontalità della proiezione multipla, sorta di collage spazio-temporale, arricchisce l’opera con la contiguità di diversi sfondi, creando minime ma significative variazioni ritmiche con l’asincronismo delle varie cadute (a volte immerse in un silenzio irreale altre nel rumore metropolitano), o con differenti reazioni dei passanti di fronte a un corpo inerte, quella realizzata in diretta accentua, invece, il gesto della caduta colto nella sua singolarità e nell’astrazione di un unico sfondo. Lo spettacolo del ritrarsi che caratterizzava <OTTO>, una precedente straordinaria piéce del gruppo, imperniata sulle cadute degli attori, finisce qui per trasformarsi in un ritrarsi dello spettacolo che ci invita a ripensare l’immagine come un evento in cui la rappresentazione cede, per così dire, il passo alla presentazione.